Come in una famiglia allargata con genitori separati, fratelli, sorelle, sorellastre, cani, gatti, criceti, nani da giardino eccetera, anche nella brigata di un ristorante gli equilibri interni sono appesi ad una corda resistente ma sottoposta ad oscillazioni continue.
Mantenere un’andatura stabile, considerando anche i ritmi sostenuti e frenetici a cui si lavora in un ristorante, soprattutto durante le ore di servizio, non è spesso facile ma è possibile e anzi è possibile farlo anche sorridendo e intrattenendo il pubblico in sala. Sì perché il mestiere del cameriere non è così distante da quello di un attore e di un’artista. Come dice Stella, colei che, secondo la metafora della famiglia allargata potrebbe essere considerata Mamma Amorosina: “Crediamo che quello del cameriere sia un mestiere creativo, perché può cambiare la cultura del cibo, può darle delle solide fondamenta; può darle motivo di orgoglio quando si rinnova grazie a un’organizzazione accurata. Vogliamo diffondere questa convinzione per favorire una presa di coscienza della collettività e per contribuire alla riabilitazione sociale del mestiere di sala. Non è scontato affermare che il servizio del cameriere vanti molti punti in comune con l’arte: all’interno di un’organizzazione ristorativa tutto significa e nulla avviene per caso, proprio come avviene nel cinema, per cui anche nella sala di un ristorante tutto quello che succede serve a qualcosa”.
Il team de L’Amorosina si è interrogato, in questi tempi che precedono la celebrazione del secondo anniversario del ristorante, su come rendere il palcoscenico più illuminato (e illuminante) per i suoi attori; su come contribuire a rendere il mestiere di sala meno funambolico e contemporaneamente partecipare alla formazione personale dei suoi dipendenti. La risposta è arrivata portando con sé una vera e propria innovazione nel mondo della ristorazione: la costruzione di un percorso di psicologia del lavoro, studiato ad hoc insieme a due esperti del settore.
Sono ancora le parole di Stella a spiegare meglio le basi di questa decisione: “Abbiamo ritenuto decisivo incentrare gli obiettivi aziendali sulla costruzione di un ecosistema interno in grado di favorire l’impatto positivo a lungo termine del trattamento dei dipendenti. Scelta che si traduce, inevitabilmente, anche in una forma di resistenza contro il sistema industriale, che si concentra sulle capacità produttive, a discapito del benessere delle persone. Esiste un motto paradossale che ben descrive lo stato attuale delle cose all’interno di questa nostra azienda, e suona più o meno così: il lato positivo di Amorosina è che siamo tutti giovani; il lato negativo di Amorosina è che siamo tutti giovani. Anche se ogni membro della brigata ha il proprio obiettivo in mente, tutti hanno aderito al medesimo “viaggio”. E, anche se per alcuni il lavoro è temporaneo, tutti hanno l’occasione di sviluppare un’attitudine permanente”.
Ecco allora che entrano a far parte del team de L’Amorosina nuove figure:un esperto di risorse umane, che si è occupato, in sinergia con chi L’Amorosina l’ha “inventata” di redigere una “carta dei valori e impegni aziendali”, specchio dell’essenza più vera dell’osteria, con indicati i suoi principi e i suoi obiettivi, alla quale ogni dipendente simbolicamente aderisce firmandola al momento dell’assunzione. Un’altra attrice prende parte a questo film di formazione de L’Amorosina: una psicologa del lavoro, il cui contributo si concretizza nella redazione di un documento di autovalutazione diviso per criteri che, in una prima fase, viene settimanalmente compilato dai dipendenti e successivamente elaborato dalla professionista sia tramite sedute uno a uno con i dipendenti che con sedute collettive insieme ai titolari.
Parlare e parlarsi, dirsi in faccia le cose, quelle che stanno funzionando bene e quelle che si stanno inceppando, con i toni giusti, magari facendosi accompagnare da esperti del settore in una fase iniziale; imparare a camminare insieme, titolari e dipendenti, veterani e neofiti del mestiere, per promuovere un movimento controtendenza rispetto a quello della cultura della colpa e del dito puntato, presente spesso nel mondo della ristorazione; ritagliarsi poi del tempo per vivere insieme momenti distesi che consolidino la complicità tra colleghi. Ben vengano allora anche le domeniche di riposo passate tutti insieme a farsi servire al tavolo, per una volta dall’altro lato del tavolo e l’annuale appuntamento con il “viaggio de L’Amorosina” in cui tutto lo staff dell’osteria trascorre il weekend fuori per cambiare aria e divertirsi.